ROMPERE LE RIGHE

sulla crisi di mezza età
di Monica Simionato*



“Nell’esistenza umana sono presenti sette tempi che chiamiamo “età”: lattante, bambino, adolescente, giovane, adulto, uomo maturo, anziano. Al periodo (mutevole) della Luna, durante la prima infanzia (fino ai sette anni) subentra quello di Mercurio, in cui si acquisiscono le prime conoscenze (7-14 anni), quindi quello di Venere, che rivela la sua forza nelle emozioni passionali dell’adolescenza (14-21 anni); giunge poi lo zenit (solare) della vita, i tre settenni della piena forza vitale e dei desideri d’espansione (21-42 anni). Il regno del malvagio Marte genera un improvviso mutamento e conduce alle lotte, le amarezze e le disillusioni di cui è ricca l’età adulta (42-49 anni). Poi, sotto lo scettro di Giove, si presenta ancora una volta un picco della vita, la maturità propriamente detta, la quale, saggia e serena, contempla le gioie e le sofferenze dell’esistenza, sempre contribuendovi con gaiezza (49-56 anni). Arriva infine, sotto la stella di Saturno, lenta e lontana dalla terra, la grande età in cui le forze vitali si raffreddano e pian piano si fermano”

Ippocrate

Secondo tradizioni molto antiche, la vita dell’uomo cresce e si sviluppa per fasi di sette anni. Anche gli studi più recenti della Biologia confermano che, a parte quelle cerebrali, le cellule si rinnovano completamente ogni sette anni.

L’incontro con questa prospettiva evolutiva è coinciso con il mio avvicinarmi all’ “età di mezzo” intorno ai quarant’anni, quando ho incontrato anche la pedagogia Waldorf. L’approccio più approfondito alla “teoria dei settenni” credo sia proprio quello nato dagli scritti di Rudolf Steiner che, su questo argomento, non ha scritto moltissimo ma ha gettato semi che sono cresciuti nel tempo, approfonditi da diversi autori (il più noto è Bernard Lievegoed).

Quando si dice la “crisi del settimo anno” o “la crisi di mezza età”, al di là delle banalità, si afferma quindi qualcosa di reale, l’attraversamento di un momento di svolta e opportunità. O, almeno, è stato così per me, soprattutto intorno ai quarant’anni, quando ho vissuto una nuova apertura, la nascita di nuovi interessi e progetti, tra cui l’appassionarmi alla mitologia e la partecipazione al gruppo di Amazzone o Penelope  https://amazzoneopenelope.wixsite.com/sito.

Insomma, in una fase in cui la dimensione lavorativa era diventata stabile e solida, la famiglia aveva una sua forma e una certa tenuta, era presente qualcos’altro che, come dice Clarissa Pinkola Estes nel suo libro “Donne che corrono coi lupi”, mi chiamava "dall’anima”.

Forse anche una rinnovata libertà, un concedersi nuovi spazi per fare ciò che piace, uscendo da qualche abitudine o schema dato. Certo per rompere sanamente le righe, meglio avere anche imparato a farci i conti, ma credo arrivi il momento di poter andare “oltre”. Magari anche guardando tra le righe.

Immagine Progetto "Attraverso l'arte" del Liceo artistico Greco di Catania

Ma cos’è questa “chiamata” dei quarant’anni? Tenendo ferme le differenze individuali,  c’è un filo rosso che attraversa le diverse trame?

Sono molto contenta di poterlo approfondire con Francesco Pazienza e chi vorrà essere con noi questo sabato mattina http://www.francescopazienza.it/biografia-umana-eta-matura-evento/




* donna, mamma, psicologa ad orientamento sistemico e relazionale

Commenti

Post più popolari